sabato 23 maggio 2020

NON AVERE PAURA




Dalla mia casa sul lago vedo il mondo e ho deciso di scrivere.

La vita, poco a poco, sta riprendendo. E' un fluire incerto, esitante e confuso, ma qualcosa riemerge.

Camminando per le strade od entrando nei negozi, sono confrontata ai dubbi che ancora covano sotto la cenere delle recenti emozioni. La gente è indecisa: non sa se continuare a proteggersi o se dare il via alla solita baldoria. Qualcuno si aggrappa a mascherine e guanti per esorcizzare la paura, altri vorrebbero prolungare il periodo di calma e di lentezza appena vissuto, ma la maggior parte ha già deciso: buttarsi a capofitto nella movida cosicché l'angoscia, provata sfiorando l'idea della morte, venga dimenticata al piu' presto.




Quanto a me, lascio con dispiacere l'isolamento e il silenzio delle settimane trascorse perché le ho trovate molto utili, un tempo benedetto. Ci è stata offerta una grande occasione e se il mondo spaventato ne ha visto solo il dramma, io vi ho scorto un regalo del Cielo.

A qualcuno questa frase sembrerà azzardata od offensiva, ma io sono fatta così, appartengo ad un altro mondo.
Ed è da questo mondo che mando una carezza a chiunque si troverà a leggere queste righe, nel piacere della condivisione e di un istante passato insieme.

In verità, questa carezza mi fa pensare a tutti gli stratagemmi messi in atto in questi giorni per creare, fra le persone, una distanza sociale apparentemente utile. Se, solo qualche mese fa, ogni nostro simile  rappresentava una minaccia potenziale e le relazioni fra gli esseri umani erano già difficoltose, oggi é sicuro: l'altro è un vero e proprio pericolo, un nemico in carne ed ossa, qualcuno che attenta alla mia incolumità e alla mia salute. Un virus da tenere alla larga.

L'altro giorno sono andata in banca, al mio solito sportello, ma tra me e l'impiegata c'erano il nuovo vetro in plexiglas, la mascherina e i guanti ed ho provato un profondo senso di tristezza e di disgusto.
Uscita dalla banca, dopo pochi passi, ho incontrato una coppia di amici: marito e moglie. Avevano entrambi la mascherina a valvola nera ben calata sul volto; non appartengono a nessuna categoria a rischio eppure erano così ben mascherati che li ho riconosciuti solo all'ultimo momento.
Inutile aggiungere che i miei colleghi che lavorano dietro ad uno sportello in vetro, oltre ad aver incollato un ulteriore filtro di plastica nella fessura che ha lo scopo di far passare la voce, usano mascherine e guanti, ma ho anche visto chi - in stanza da solo e davanti al proprio computer - si tiene addosso la mascherina e non molla nemmeno i guanti.
Infine c'è chi ha la stessa mascherina da 2 mesi e rincolla gli elastici piu' volte schiantati.


 Proprio per questo, mentre allungo la mano per darti la carezza vorrei dirti: non avere paura.





Quando il mondo ha paura e fa di tutto per farti credere che la paura sia la piu' sana delle risposte, tu non ascoltarlo poiché la paura allontana, interrompe ogni tua risorsa interiore e ti chiude in una terribile prigione. Quando hai paura, non hai la forza di fare nulla, ti senti inerme e precipiti, insieme a tutti quelli che come te hanno paura, in una condizione terribile che ha il sapore della morte. Chi ha paura è già morto.



Chi ha paura è bloccato e vuole, in uno strenuo quanto inutile tentativo di controllo - bloccare tutti, bloccare il pensiero, le riflessioni, addirittura il battito del cuore. In effetti la paura blocca ogni sentimento ed il cuore si chiude ... perché ciascuno pensa solo a salvare se stesso.

La paura è il virus piu' pericoloso che possa insinuarsi nelle nostre menti, è la malattia piu' grave di cui si possa soffrire, eppure i pensieri comuni del mondo ne promuovono il contagio.

La paura è un morbo infido, molto piu' pericoloso del peggiore dei virus, perché si impone come alibi sociale. Chi ha paura esige che tutti condividano lo stesso, terribile, sentimento come se la paura collettiva ... calmasse l'ansia o riuscisse a dare coraggio; ma la paura chiama altre paure e tu non lo sai.

Per chi ha paura, non vi saranno mai garanzie o  rassicurazioni sufficienti; la paura esigerà sempre ulteriori sacrifici, azioni e controlli, nell'illusione che si possa fare qualcosa per salvare se stessi e diventare eterni.





Negare la morte, arrabbiarsi od emozionarsi davanti al dramma di tante partenze collettive, avvenute in una solitudine ancora piu' esasperata del solito, non produce alcun serio risultato se non quello  di farci sentire - una volta di piu' - impotenti e in balia di un assurdo destino.

Immersi nel nostro confortante vittimismo, non facciamo che scappare da noi stessi, ignorando il bisogno piu' profondo che la nostra anima possiede: quello di guarire.

Accusando qualcuno all'esterno ci allontaniamo dalla verità, obbligandoci a passare da una sofferenza ad un'altra, senza mai comprendere nulla.

Georges I. Gurdjieff diceva che l'uomo soffre inutilmente perché non vuole cercare il significato di quanto gli accade. Una sofferenza di cui non si comprenda il senso è destinata ad essere una sofferenza inutile e dovrà inevitabilmente ripetersi.

Ed allora voglio gridare con forza, che tutto è giusto e perfetto ed al mondo intero é stata data la meravigliosa opportunità di fermarsi per guardare dentro alla propria vita e cominciare ha cercarne il significato. Non è il messaggio rivolto ad un uomo, ad una città o ad una nazione, è un messaggio rivolto al mondo intero perché il mondo - per la prima volta - è stato obbligato a fermarsi.

Che straordinario miracolo!





Fino a che coltiveremo la paura e ci inventeremo nuovi sotterfugi per alimentarla, non faremo che aumentare quel doloroso senso di alienazione che già tanto attanaglia le nostre povere vite.

Niente di quanto ci accade è sbagliato od assurdo. Tutto è funzionale al nostro progresso e  - alle teste e ai cuori duri che ci portiamo addosso - la vita può solo insegnare attraverso le difficoltà e la sofferenza.

Quale sarà il prossimo virus da cui dovremo difenderci, quale catastrofe naturale dovrà caderci addosso prima di capire? In virtù' di quale divina concessione pensiamo di non dover morire?

Mi vengono in mente le parole di Ezio Bosso riguardo la sua malattia:

"Ho smesso di domandarmi perché. Sono certo che ogni problema è un opportunità."

Per poi aggiungere: "Migliorare se stessi non è qualcosa che avviene normalmente col tempo, ma è un impegno costante, faticoso ed esasperato che va rinnovato cento volte al giorno".